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La receptionist

20.03.2025 |
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"Forse il fatto che fossimo entrambi in uno stato di lieve stupefazione alcolica fece sì che dopo aver esitato un poco, ridacchiando e scherzandoci attorno, ..."
Da qualche tempo le confidenze con la graziosa receptionist dell'azienda bolognese con cui collaboravo erano sfociate in vere e proprie confessioni, forse il fatto che fossimo entrambi un po' outsider in quel posto, io a partita iva, lei messa lì da una cooperativa, aveva fatto sì che solidarizzassimo, divenendo un po' più che amici e finendo col confidarci reciprocamente le situazione più intime.Lei vedeva il marito solo una o due volte al mese, quando lo raggiungeva in Germania dove s'era trasferito per lavoro o quando tornava lui, così ogni tanto si concedeva delle fantasie romantiche, in ultimo per un vacuo e vanesio responsabile commerciale, un certo Maurizio; azzimato, elegante, affabile pareva averla stregata, me ne parlava sempre rammaricandosi di non trovare il coraggio per fargli capire il suo interessamento e la frustrazione che gliene veniva le faceva desiderare di punirsi fisicamente.
Così insistita era quella sua intenzione che un giorno, durante l'aperitivo, per scherzare le suggerii di prendere un impegno che la motivasse: se da lì a pochi giorni non fosse riuscita ad abbordarlo si sarebbe dovuta prestare a ricevere da me una scudisciata sulle terga.
Forse il fatto che fossimo entrambi in uno stato di lieve stupefazione alcolica fece sì che dopo aver esitato un poco, ridacchiando e scherzandoci attorno, sul come, sul dove e quant'altro, finisse con l'accettare.
Dimenticai presto la spiritosa conversazione e nei giorni successivi continuammo a vederci di tanto in tanto in ufficio e fuori dell'ufficio per l'aperitivo finché, un pomeriggio, dinanzi a un calice di prosecco mi confessò avvilita di non essere riuscita a parlargli com'era nelle sue intenzioni; la consolai, dicendole di non disperare, ché l'occasione giusta si sarebbe presentata presto e così via ma la sua espressione era sempre più rabbuiata e mi resi conto che mi stava osservando dapprima con perplessità, poi con malcelata ostilità.
"Ho detto qualcosa che ti ha offesa?"
"Non mi sei di nessun aiuto, adesso che rientro a casa troverò il modo di punirmi da sola"
"Ma no, che cosa dici, punirti di che cosa? Mica è colpa tua se lui non cap..."
Mi interruppi a metà, avendo finalmente capito dove stesse andando a parare; d'un tratto mi sovvenne quella conversazione e l'idea non mi parve più tanto balzana anzi, la trovavo stimolante.
"Non fare sciocchezze, s'era detto che avrei provveduto io a castigarti ma senza strafare... hai con te le chiavi dell'ufficio, vero?"
Sembrò riscuotersi e con voce incolore assentì: "Sono andati via tutti"
Finimmo in silenzio il prosecco, poi ci incamminammo verso il portone accanto, prima di entrare mi guardai furtivamente attorno, come se qualcuno potesse notare il nostro rientro. Una volta dentro ci guardammo negli occhi: "Sei proprio sicura? Lo faccio solo per impedire che tu possa esagerare e commettere qualche sproposito, lo sai, vero?"
Senza dire nulla mi condusse nel locale dietro la reception, chiuse la porta e si pose dinanzi alla parete, faccia al muro, si sbottonò i jeans e li abbasso alle caviglie assieme agli slip; restai incantato dalle sue terga, ne avevo intuita la consistenza attraverso gli indumenti e avevo spesso indugiato con lo sguardo sperando non se ne accorgesse, ma così sode, marmoree quasi, bianchissime com'era lecito aspettarsi essendo una bionda naturale, mi lasciarono senza fiato.
"Fai presto", disse con un filo di voce tenendosi il viso tra e mani, io sfilai la cintura dai calzoni, mi posizionai a un po' d'un metro da lei e me l'avvolsi per la parte della fibbia attorno alla mano destra.
Trassi un respiro profondo, ero emozionato ed eccitato, sentivo di doverle dare una cinghiata che la segnasse, portai il braccio indietro inarcandomi e la frustai con tutto lo slancio che riuscii a imprimere.
La cintura s'abbatte sui suoi glutei con uno schiocco secco a cui seguii il suo strillo, si inarcò all'indietro come folgorata restando senza fiato poi poggio le mani alla parete e chinò il capo mentre le lacrime cadevano dinanzi ai suoi piedi. Sulle natiche si materializzò una striscia rossa e io, ipnotizzato, temetti per un attimo d'aver lasciato un segno indelebile. Mi ripresi e mi avvicinai a lei, con la voce arrochita chiesi: "Va tutto bene? Scusami, avrei dovuto fare più piano"
Lei scosse il capo, col viso rigato di lacrime: "No, no, è tutto a posto, adesso passa...". Mi avvicinai ancora, trattenendo il respiro, poi allungai una mano e le sfiorai con le dita la striscia rossa, ebbe un sussulto ed emise un gemito, ma non si ritrasse, allora presi nella mano il gluteo mentre lei socchiudeva gli occhi schiudendo le labbra e la baciai.
La frugai nella passera, ch'era bagnatissima, quasi avesse pianto anche lei, mi sbottonai i calzoni liberandomi in qualche modo e la rimisi faccia al muro, col cazzo m'appoggiai a lei e la penetrai con movimenti lenti e inesorabili. Cominciò a mugolare mentre le baciavo il collo stringendole i seni con le mani e in capo a pochi minuti venimmo entrambi.
Mentre ci ricomponevamo ebbi l'improntitudine di chiederle: "E adesso, con Maurizio?"
"Oh, non mi è mai piaciuto, lui" rispose serafica.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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